Le insalate sono uno di quei prodotti che, grazie alle coltivazioni in serra e all’Italia lunga 1300 km, troviamo in vendita 365 giorni l’anno: ma anche loro hanno una naturale stagionalità. Che, guarda caso, nella nostra regione inizia proprio in queste settimane dell’anno, quando le temperature si fanno via via più miti e il nostro corpo ha proprio bisogno di più acqua e dei micro nutrienti contenuti nelle foglie freschissime delle insalate.
Partiamo allora dal chiamarle con il nome corretto.
Prima grande differenza: esistono cicorie, lattughe e indivie.
Le cicorie, ortaggi tipicamente invernali, le abbiamo consumate durante tutto l’inverno, nelle mille forme e colori dei radicchi: ora si esprimono nei coloratissimi radicchietti da campo – o cicorini – e nell’eccellenza del radicio verdon da cortel.
Le indivie sono principalmente la riccia e la scarola: vengono anch’esse raccolte e consumate nel periodo autunno – invernale e subiscono in marte dei processi di imbianchimento simili al radicchio. Non per nulla, oltre al consumo a crudo, sono ottime anche cotte. Discorro a parte merita l’indivia belga, commercializzato principalmente in piccoli cespi che vengono coltivati in locali temperati totalmente al buio, per far si che non sviluppi clorofilla e mantenga il tipico colore chiaro.
Le lattughe sono invece insalate a cespo primaverili, che prendono appunto il posto delle suddette cugine in questo periodo dell’anno: sono talmente tante e diverse da loro che compongono una vera e propria famiglia, con un tale assortimento da accontentare il gusto di ogni consumatore. Questo perché della specie Lactuca Sativa sono derivate diverse sottospecie, frutto di secoli di selezioni varietali in orto ed evoluzioni di gusti a tavola. Per semplicità, sono divise in 3 sottogruppi.
Le “incappucciate”, o “capitate” – riconoscibili per le foglie incappucciate in forme più o meno rotonde simili a delle teste – caput, appunto: parliamo quindi del tipo trocadero, con foglie verdi o rosse dal sapore delicato, e di tutte le lattughe a cappuccio commercializzate con nomi tipo brasiliane o iceberg, che si riconoscono per la consistenza croccante e il sapore deciso.
Segue poi il gruppo è detto delle “longifolia”, con foglie erette di colore verde, come le lattughe romane, dal gusto spesso forte, quasi amaro.
Infine le “secalina“, le lattughe a foglie erette con margini ondulati, come la verdissima gentile e la lollo, usate molto anche con fini decorartivi. Sul mercato trovano poi spazio diverse nuove tipologie di lattuga: alcune, come la Salanova, hanno un torsolo da cui partono le foglie, che possono essere recise facilmente con un apposito detorsolatore.
Al mercato ortofrutticolo di questi giorni arrivano lattughe per la maggior parte di provenienza veneta, quindi molto fresche e gustose.
La nostra regione ha infatti la fortuna di poter vantare un’estesa produzione di lattughe, sia in termini varietali che di superfici coltivate: in questo periodo possiamo gustare l’eccellenze della Cappuccia e Gentile IGP di Lusia e le buonissime insalate a cespo del Veronese. Ottime anche quelle del litorale del Cavallino, che aumenteranno in quantità e qualità con l’aumento progressivo delle temperature.
Consigli per gli acquisti
Prima di acquistare le insalate a cespo, guardate sempre bene non solo le foglie, che devono essere naturalmente turgide, di colore brillante e prive di macchie: un buon segnale della freschezza è il colore del gambo in corrispondenza del taglio. Uno scurimento eccessivo nella zona di incisione rivela infatti che la raccolta non è recente. Non per niente la lattuga deve il suo nome alla presenza di un lattice contenuto all’interno di foglie e gambo: alla recisione, questo ossida rapidamente, diventando paglierino chiaro, poi giallo e via via sempre più scuro. Vi consigliamo inoltre di effettuare la porzionatura delle foglie più grandi tagliandole a mano e non con una lama: in questo modo la fuoriuscita di lattice sarà più contenuta ed eviterete i margini ingialliti.